Lo sai che hai un GPS dentro di te?

 

Esiste un’incolmabile e naturale differenza tra la realtà e la rappresentazione mentale che ce ne facciamo, per cui quello che pensiamo non sempre è l’esatta fotografia del mondo.

A titolo esemplificativo proviamo ad addentrarci in questo tema facendoci accompagnare da un simbolo: il navigatore satellitare.

Nell’arco di tutta la nostra vita e attraverso un costante dialogo con l’esterno, ognuno di noi fa esperienza dell’ambiente che lo circonda. Questo ci permette di raccogliere importanti informazioni (frammenti) della realtà che noi interiorizziamo e strutturiamo a livello cognitivo.  Questo processo di raccolta e sistematizzazione delle informazioni ci permette di crearci una sorta di modello interiore del mondo (mappa), che utilizziamo per orientarci nella realtà. Ma, mentre il mondo nella sua complessità contiene tutti i dati, la rappresentazione che ognuno di noi se ne fa ne contiene solo una parte organizzata in un tutto.  Noi, pertanto, al fine di non perderci nella realtà ci muoviamo in essa usando una sorta di “navigatore satellitare” interiore. Infatti, similmente a quanto succede in noi, nelle rappresentazioni grafiche dei GPS non sono presenti tutti i particolari della realtà, troviamo solo quanto serve per muoverci in essa.  Se i navigatori satellitari, oltre a tracciare le strade, inserissero tutte le abitazioni, i dati delle persone che le abitano e i legami di amicizia che intercorrono tra queste, noi avremmo un’informazione più aderente alla realtà ma, purtroppo, perdendoci negli innumerevoli stimoli, non giungeremmo mai a destinazione. I sistemi satellitari sono quindi tarati per raccogliere le informazioni inerenti ai percorsi stradali, tralasciandone altre.

Questo processo di filtraggio dei dati provenienti dalla realtà accade anche nel nostro sistema di rappresentazioni interiore.  Anche noi, come i sistemi GPS, siamo strutturalmente costruiti per poter raccogliere solo un ristretto spam di informazioni provenienti dal mondo. I dati, nell’uomo, vengono pertanto filtrati a tre diversi livelli:

  1. Il primo è un filtro di origine neurologica che essendo geneticamente predeterminato compie la prima e più primitiva opera di selezione dei dati. Ad esempio, noi non siamo in grado di percepire tutte le frequenze cromatiche che la luce contiene.  “Nel sistema visivo dell’uomo si possono percepire solo forme d’onda comprese tra i 380 e i 680 millimicron. Quelle di lunghezza superiore o inferiore non sono percepite[1]. In modo semplicistico questo sta a dire che esistono, nel mondo, colori che i nostri occhi non sanno vedere, oppure realtà che non sappiamo cogliere.
  2. Il secondo può essere definito filtro sociale in quanto agisce nella selezione delle informazioni attraverso un processo culturale. Per comprendere meglio tutto ciò ritorniamo all’esempio del navigatore satellitare Esso, quando viene costruito, utilizza un linguaggio fatto di rappresentazioni grafiche (ad esempio frecce direzionali) e parole (gira a destra, gira a sinistra prosegui dritto). Questi sono sistemi simbolici elaborati da una cultura che il navigatore si trova ad usare suo malgrado. Accade così anche per la costruzione delle nostre mappe interiori. Noi nasciamo in una realtà che ci preesiste e che ha già trovato un suo sistema di codificazione del mondo. L’esempio più tipico è rappresentato dal linguaggio e dalla sua capacità di classificazione degli eventi. Le parole sono lì, nella realtà, prima della nostra nascita. La cultura le ha già formate, ha già trovato un modo di etichettare le cose del mondo. Il linguaggio è un dono che ci viene offerto quando nasciamo.
  3. Il terzo può essere definito filtro personale. Ogni essere umano, infatti, costruisce la propria rappresentazione del mondo in modo diverso da persona a persona. Fortunatamente  in questo siamo molto differenti da un sistema GPS, perché ognuno di noi è “ pezzo” unico e irripetibile, è un opera di artigianato e non un prodotto di serie. Questo filtro ci ricorda che il modo che abbiamo di cogliere la realtà risulta condizionato dalla nostra storia personale e dalle nostre esperienze. È quest’ultimo sistema che ci permette, così, di formarci un modo soggettivo, personale e unico di interpretare la realtà.

In sintesi possiamo dire che il mondo che ci circonda è più grande della nostra capacità di coglierlo nella sua totalità e, conseguentemente, di agire su di esso. Per questo motivo abbiamo imparato a “lavorare” su di una rappresentazione  del mondo (modello/mappa) e non sulla realtà allo stato puro.

Ma il modello del mondo, pur essendo il prodotto di una serie di selezioni delle informazioni che avvengono, come visto, a livello neurologico, sociale e personale, non è  statico, cioè deciso una volta per tutte, ma potenzialmente in costante evoluzione. Infatti, attraverso un continuo feedback con l’esterno, l’essere umano può testare l’attendibilità del proprio sistema di riferimento (della propria mappa), incrociando informazioni vecchie e nuove e confrontandole con il qui e ora.

A questo proposito, ritornando ancora una volta l’analogia con i sistemi GPS, possiamo notare che quando acquistiamo un navigatore satellitare, esso è già pronto all’uso, ci viene fornito con già salvata nella sua memoria interna una dettagliata mappa stradale. Questa prima istallazione è paragonabile a quello che nell’uomo potremmo chiamare rappresentazione primaria cioè la prima mappa che ognuno di noi si costruisce all’inizio della sua vita.   Di fatto, però, questa mappa primaria non è sufficiente. Chiunque abbia usato un sistema GPS, è cosciente che esso necessita, prima o dopo, di un aggiornamento delle sue mappe. Pensiamo a come in poche settimane possa essere costruita una rotatoria, una nuova strada o come possa essere cambiata la viabilità di un paese.  Se ci troviamo a muoverci in questa mutata realtà stradale senza aver aggiornato il nostro GPS ci troveremo ben presto disorientati. Quando, guidando, ci troviamo davanti agli occhi una realtà diversa dalla rappresentazione del GPS, consapevoli che il nostro sistema satellitare non è stato aggiornato, guidiamo esplorando il nuovo, uscendo cioè da una modalità automatica e prestando particolare attenzione agli stimoli ambientali. Se il nostro GPS avesse la possibilità di apprendere durante questa esperienza, quando in futuro dovessimo ripassare da quella zona, egli avrebbe già registrato i cambiamenti. Invece, come a volte capita anche a noi, il GPS resta “fermo sulle sue convinzioni” anche di fronte all’evidenza. Noi, dal canto nostro, nonostante siamo dei sistemi infinitamente più raffinati di un navigatore, a volte arriviamo addirittura ad “uscire di strada” per la convinzione che ciò che ci siamo rappresentati sia la verità, rischiando così di farci del male.

In questi frangenti ci convinciamo che la realtà sia come noi la pensiamo ma, in questo modo, i nostri pensieri non interpretano più il mondo, lo costruiscono a loro immagine e somiglianza. I nostri pensieri, le nostre idee perdono così la loro natura umana (fallace e fragile) e divengono idoli e ideologie, basati sul pregiudizio. Il pre-giudizio altro non è che una valutazione (giudizio) data in anticipo (pre) sulla base della quale orientiamo il nostro comportamento.

 

Ogni giorno diamo molteplici risposte che si basano su nostri pregiudizi. Per uscire da questo dovremmo fare come con il navigatore satellitare:

  1. Prendere consapevolezza che per leggere il mondo ci riferiamo ad una sua  rappresentazione

  2. Decidere di passare nei momenti di difficoltà da una funzione automatica ad una funzione guida a vista

  3. Aggiornare la nostra mappa interiore mantenendo un atteggiamento di apprendimento costante e di  apertura  al nuovo.

 

 

 



[1] Richard BANDLER John GRINDER, La struttura della magia, Roma, Astrolabio-Ubaldini editore, 1981, 26

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